L’idea di raccontare il mio viaggio e raccoglierlo in un libro non è stata mia, ovviamente. Non sono un pazzo megalomane.
Un giovane misterioso mi avvicinò poco dopo che si fossero calmate le acque, parlava con uno strano accento ed era conciato proprio male, a giudicare dai bizzarri vestiti che portava. Mi disse di essere uno storico venuto da lontano e di essere molto interessato alla strana avventura in cui mi ero cacciato. Gli chiesi come faceva a saperlo e lui disse che mi stava seguendo già da un po’, ma che conosceva delle tecniche segrete per non essere visto, tipo correre di soppiatto e incurvato come un nonnino, sibilando “tututututu” tra i denti per dare l’idea della velocità.
Gli chiesi se era lui quello travestito da albero con gli stivali in mezzo al deserto. Non volle rispondermi.
Insisté che la mia avventura era, mio malgrado, coincisa con avvenimenti di importanza storica e che sarebbe stata un’ottima scusa per parlarne. Disse che stava cercando di dare un scrollata ai manuali di storia e renderli più ameni, ché tra date e nomi e battaglie stilati tipo lista della spesa non c’è chi rimanga sveglio.
Non posso che dargli ragione.
Quindi gli ho dato il permesso di scriverla, ma una volta finita, dopo anni di lavoro e di lamentele, è scomparso lasciando uno scarabocchio scritto di fretta su un foglietto volante. Diceva che doveva scappare, che nel Bayou stavano succedendo cose mozzafiato e che doveva assolutamente andare a vederle di persona.
Così mi sono ritrovato col suo cavolo di libro tra le mani senza sapere che farmene, e questo blog lasciato a metà da gestire. Questo sì, perché è partito come un razzo e senza salutare, ma le istruzioni – o meglio gli ordini – su come mandare avanti questo sito me le ha lasciate tutte.
E ora mi tocca pure fare il lavoro sporco e convincervi a leggerlo.
–Layne Cantrell (20-10-2014)